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Intervista a Rosa Teruzzi

Rosa Teruzzi
Rosa Teruzzi

Rosa Teruzzi, nata a Monza, è giornalista, caporedattore di Quarto Grado, scrittrice. Vive tra Milano e Colico, dove insieme al marito ha ristrutturato un vecchio casello ferroviario.

 

Ha scritto diversi racconti. Una trilogia con protagonista Irene Milani giovane empatica cronista di “nera” de “La Città” editi da Sperling & Kupfer e Rusconi.

È in libreria con le donne del casello del Giambellino: Iole, Libera e Vittoria. La sposa scomparsa; La fioraia del Giambellino e Non si uccide per amore editore Sonzogno.

 

D - I casi che ha trattato nei tre romanzi intorno al casello del Giambellino hanno un taglio giornalistico: è dovuto alla sua storia personale? Lei è nata come giornalista e ora è capo redattrice di Quarto Grado. È davvero così o c’è dell’altro?

 

R - Non so se i miei romanzi abbiano davvero un taglio giornalistico: faccio la giornalista da trent’anni e nella mia professione ho sempre cercato di aderire alla realtà. Scrivere romanzi, invece, è il mio spazio libero: tutte le storie che racconto sono di pura fantasia, come i personaggi che le popolano. Non mi ispiro mai ai casi che trattiamo a Quarto Grado o a vicende che ho seguito negli anni in cui lavoravo in un quotidiano di cronaca milanese, La Notte, o a Epoca.  Cerco di tener distinti i due ambiti, anche per rispetto nei confronti dei protagonisti dei casi di cronaca che incontro. Mi accorgo che anche il mio modo di scrivere cambia, quando mi dedico ai romanzi, ma forse l’impronta stilistica del giornalista rimane.

 

D - I romanzi li scrive nel mese di agosto. Può dirmi quanto lavoro di ricerca e preparazione fa durante i mesi precedenti e come organizza la scrittura?

 

R - Di solito, io penso al mio romanzo durante l’anno, la mattina presto quando corro o nei week end, durante i viaggi per raggiungere le località dove presento i miei libri. Su un quadernone rosso prendo appunti a proposito della storia, dei nuovi personaggi che ci entreranno, delle dinamiche tra di loro. Prima o dopo l’ufficio, faccio sopralluoghi nei posti che compariranno nel libro (per esempio, nel prossimo: la balera dell’Ortica) per imprimermi dettagli nella mente. Ho un’amica che è fioraia a cui chiedo consigli sui bouquet. Poi, ad agosto, comincio a scrivere. Faccio tutta la prima stesura di getto, tradendo di solito l’impianto che avevo progettato inizialmente. Poi riscrivo, fino al momento di pubblicare. Non sono mai contenta del risultato.

 

D - Rosalia è una madre che da ventisei anni aspetta che qualcuno le dica dov’è sua figlia Carmen. Manuela vorrebbe che suo padre l’accompagnasse all’altare ma la madre si rifiuta di dirle il nome. Entrambe abitano a Milano e decidono di chiedere aiuto a Libera, la fioraia del Giambellino i cui bouquet portano fortuna alle spose, o almeno questo è quanto scritto sul giornale. Non aggiungerò altro per non rovinare la storia ai lettori, vorrei soffermarmi sugli altri temi trattati, altrettanto interessanti e ricchi di spunti.

Il Casello è un luogo importante per le donne Cairati e Deidda: soprattutto per Libera che l’ha avuto in eredità da nonno Spartaco dopo averci vissuto con lui mentre la madre Iole era in giro per il mondo.

In un’intervista televisiva di qualche anno fa lei mostra il casello del Giambellino abbandonato all’incuria del tempo. I suoi lettori conoscono il grande amore che lei mostra verso queste costruzioni, ci può raccontare come è nato il suo interesse per i caselli? Che cosa percepisce, sente, vede in quei luoghi?

 

R - La casa dove sono nata, a Villasanta, un paese della Brianza, è un vecchio stabile ristrutturato, chiuso tra due linee ferroviarie e i binari hanno rappresentato il mio orizzonte fin dall’infanzia. Più di recente, con mio marito, abbiamo acquistato un vecchio casello sul lago di Como che lui ha ristrutturato con amore. È lì che scrivo i miei romanzi. La mia casa di Milano, invece, è vicina al casello ferroviario numero 1 di via Pesto, al Giambellino. Ogni volta che ci passavo davanti pensavo che avrei voluto ambientarci un romanzo e così è stato con le avventure di Libera, Vittoria e Iole. 

Amo le vecchie costruzioni e amo chi le fa tornare a vivere. C’è qualcosa di molto poetico, per me, in una casa che sta a guardia dei binari, con le loro linee di fuga verso lo sconosciuto e l’orizzonte.

 

D - Natura Nel laboratorio annesso al casello che nonno Spartaco usava come magazzino, Libera crea i bouquet. Intorno al casello e in altri luoghi Libera nomina con precisione fiori, piante, significati, usi in campo medico, leggende. C’è conoscenza e passione. Me ne può parlare?

 

R - Ho sempre avuto la passione per la natura. Per gli alberi, prima che per i fiori, tanto che la mia libreria è piena di volumi di botanica e di testi dedicati al riconoscimento delle piante. Da quando io e Paolo abbiamo acquistato il casello, ho potuto sbizzarrirmi in esperimenti botanici non sempre di successo, ma ho la fortuna di avere amiche grandi intenditrici a cui posso chiedere un consulto: Emanuela, la regina delle riviste “green”, e Sarah, una splendida fioraia. 

Per il resto, io imparo “facendo” e la natura è una grande maestra. Esiste un bouquet più splendido di quello composto da fiori di campo?

 

DNonno Spartaco  Il custode dei luoghi geografici e narrativi. Intendo come colui che preserva dall’oblio, e dall’incuria. È un personaggio che amo molto insieme a Irene Milani e alla Vocina, ma di loro le chiederò dopo. Spartaco è una figura importante per Libera, è colui che le ha trasmesso l’amore e la conoscenza per i libri, le piante. Sua è la frase: “Le parole giuste indicano la direzione” Me ne può parlare?

 

R - Se esiste un uomo ideale, Spartaco ne è il modello, per me. È concreto e solido, silenzioso e intuitivo, ama la poesia e i romanzi, i boschi e le passeggiate nella natura. Libera lo definisce. “capace di riparare indifferentemente un tostapane e un cuore infranto”.  Non è una persona “di successo”, per come viene inteso comunemente questo termine, ma “di sostanza”. Ed è questo che conta.

 

D – Irene Milani è la giornalista di punta de La Città che segue Libera in alcune delle sue indagini. È stata la protagonista di tre romanzi pubblicati tra il 2008 e il 2013: Nulla per caso Sperling & Kupfer; Il segreto del giardiniere Rusconi e Il prezzo della bellezza sempre Rusconi. È una persona in grado di entrare in empatia con chi le sta intorno tanto che si vocifera sia in grado di leggere nel pensiero, fattore importante visto che fa la giornalista. Come Flaubert: “Madame Bovary c’est moi” si può dire di Rosa Teruzzi: “Irene Milani c’est moi”?

 

R - Qualche amico me l’ha chiesto, ma non è così, purtroppo.

Irene ha meno della metà dei miei anni, non ha mai conosciuto suo padre, ha una madre algida e perfettina, mentre io sono nata in una famiglia tradizionale, con un padre-guida e una madre accogliente e assai poco a la page che prepara in casa la salsa e le marmellate. Soprattutto, io non ho “il dono”, la particolare forma di empatia che permette a Irene di sentire gli stati d’animi dei suoi interlocutori, una dote da super-eroina che non mi sarebbe dispiaciuta. La sensibilità rende Irene più aperta e più fragile, ma le regala anche una maturità che non è delle sue coetanee. 

In comune con me, invece ha la passione per il mestiere di cronista, quello che io ho scelto a nemmeno vent’anni e che mi ha permesso di conoscere persone, storie e mondi così diversi dal mio e così interessanti.

 

D – La Vocina compagna di Libera appare, per la prima volta, a pagina 63 de La sposa scomparsa. È un inizio accennato quasi fosse indecisa (La Vocina) se palesarsi maggiormente. Nei successivi romanzi la sua presenza è più marcata: trovo che sia stata una scelta narrativa interessante sia perché fornisce maggiori informazioni sui pensieri di Libera che per la capacità di stemperare con ironia alcuni momenti drammatici. Mi racconta qualche cosa?

 

R - Libera ha scoperto la Vocina col passare dell’età. Secondo me, rappresenta la sua anima più sincera, a volte trasgressiva e non è un caso che in certi momenti sembri ripetere le parole di sua madre. Perché Libera, come tutti, si censura per conformarsi ai modelli più socialmente accettati, ma dentro di lei i suoi reali pensieri parlano attraverso la Vocina.

 

D - Nei suoi romanzi le storie si svolgono su piani narrativi differenti: il caso di cui si sta occupando Libera e poi il suo dramma personale: è vedova, suo marito Saverio è stato ucciso. Queste storie hanno bisogno di più libri per essere raccontate, aveva pianificato prima tutto questo?

 

R - No, Io sono molto istintiva nella scrittura. Non ero sicura che avrei scritto un secondo romanzo di Libera e non ho un piano prestabilito. Finché i miei personaggi avranno qualcosa da dire, li lascerò parlare. Di solito, mentre scrivo un romanzo, mi si palesa un mistero su cui le mie tre donne potrebbero indagare nella prossima storia, ma non è preordinato.

 

D - Non posso chiedere maggiori dettagli sull’amicizia che Libera ha con Gabriele e Furio, ma può anticiparci se avremo ancora occasione di leggere di loro?

 

R - Gabriele e Furio, i due corteggiatori della mia protagonista, ritornano anche nella prossima storia che ho già scritto. Su di loro i miei lettori (le mie lettrici) hanno opinioni molto distinte: c’è chi fa il tifo per il romanticismo un po’ ombroso di Gabriele, chi per la sana allegria di Furio. A me piacciono entrambi, ma ovviamente sarà Libera a fare la sua scelta.

 

D - Lei e sua sorella Laura avete una passione per i lampioni, li fotografate (fonte la sua pagina facebook), potrebbe essere che uno di questi entri a far parte di un romanzo?

 

R - Sono io soprattutto ad amare i lampioni. Ce n’e’ uno, sul molo di Colico, che praticamente fotografo ogni settimana tanto che mio marito, scherzando, lo chiama “il feticcio”. Le mie sorelle, Laura e Marina, sapendo di farmi piacere, li fotografano a loro volta e mi mandano gli scatti.

Trovo che il lampione sia un oggetto affascinante, in fondo si tratta di una fonte di luce che rischiara le tenebre.

 

D - Quando troveremo in libreria il prossimo romanzo?

 

R - La prossima primavera, la data la deciderà l’editore, come sempre.

 

Ringrazio l’autrice Rosa Teruzzi per avere cortesemente risposto alle domande.