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Intervista a Alessandro Robecchi

In una Milano col sole dove il Comune ha rimontato la sagoma delle montagne in fondo a via Padova, lontane come un sospetto di orizzonte, bisognerebbe andare a vederle, basta poco, basta fare il giro a piazzale Loreto prima che salgano le polveri, ma come si fa, non c’è tempo…

  

D. Prima di inoltrarci nel romanzo le vorrei fare una domanda su Milano. Dalle sue descrizioni si percepisce l’amore immenso e incondizionato che prova per questa città. Sembra il personaggio principale senza cui non ci sarebbe alcuna storia. È d’accordo?

  

R. Sì, in linea di massima. È la mia città, ho sempre vissuto qui. Forse “immenso e incondizionato” è un po’ troppo, ma è bello smontare pregiudizi, cercare Milano nella caricatura di Milano che fanno media e propaganda. Vedo che in molte parti d’Italia c’è una specie di Milano di Pavlov quasi subliminale, dici Milano e spuntano grattacieli, boschi verticali, moda, design, soldi. È vero e non è vero. Oppure… uh! Milano! Gli immigrati alla stazione, il boschetto della droga! Caricature, insomma. In realtà Milano è complessa per struttura urbanistica e sociale, è un laboratorio, credo che raccontarla fuori dai luoghi comuni sia renderle un po’ giustizia… una città che è stata raccontata benissimo, da Gadda a Testori, da Bianciardi a Jannacci e Scerbanenco. Ha un suo suono, un suo ritmo, ma credo che questo valga per tutte le grandi città, ha un carattere forte… Insomma sì, Milano non è mai uno scenario, fa parte della storia.

  

D.I Tempi Nuovi ci sono tre casi da risolvere: un omicidio, una scomparsa e un caso di bullismo equamente suddivisi tra polizia, investigatori privati e mogli di poliziotto. Com’è nata l’idea di questo romanzo?

 

 R. Per una volta, direi dal titolo. Volevo raccontare questi tempi nuovi, e ogni personaggio ci è immerso, magari senza saperlo, sentendo vagamente che c’è qualcosa, come un flusso, che lo trascina. Il giovane ucciso, la donna che cerca il marito… sono perfetti figli dei tempi nuovi, vogliono cavarsela anche oltre o contro le regole. Le due storie si intrecceranno, ovviamente. Il caso di bullismo è una storia orizzontale, come una questione privata di Ghezzi e di sua moglie Rosa. Ci dice che le élite non sono innocenti, ma ci dice anche che un poliziotto come Ghezzi, perfetto, rigoroso, umano, una brava persona, prende scorciatoie che un tempo non avrebbe preso. Quando la moglie glielo fa notare lui dice: mi adeguo ai tempi nuovi.

 

D. Bob Dylan è presente in tutti i romanzi con Carlo Monterossi. Quasi una chiave di lettura in musica di sensazioni, sentimenti, idee… È Dylan a suggerire la storia o è la storia che sceglie quale disco ascoltare?

  

R. Io credo che i poeti servano a questo: a dire meglio di noi cose che sentiamo, che pensiamo. Così Carlo Monterossi ricorre a Dylan ogni volta che sente qualcosa, che ha un sentimento da sistemare, uno spostamento del cuore… ecco, troverai sempre un verso di Dylan che lo dice meglio di te. Né I tempi nuovi la questione è ancora diversa. Gloria Grechi che cerca suo marito è ambigua, è strana, affascinante, ma anche sfuggente, Carlo si ricorda di Brownsville girl, il pezzo che Dylan ha scritto con Sam Shepard, undici minuti, una specie di film in forma di ballata, che contiene due donne diverse… Sì, forse non con tutta la storia, ma le due donne della canzone potrebbero avere a che fare con il personaggio della Grechi. In generale, Dylan è un poeta degli abbandoni, va bene per i cuori che sanguinano. Qui invece, c’è una donna misteriosa, forse due…

 

D. I Tempi Nuovi del titolo sono una speranza e una delusione: sono il continuo sconfinare tra bene e male, tra possibilità e probabilità, tra “perché no” e “perché no?”. Che cosa sono per lei?

  

R. Sì, il sovrintendente Ghezzi lo dice bene, il “perché no?” ha sostituito il “perché no”. Cose che ci si vergognava a pensare in privato oggi si dicono in pubblico senza vergogna. C’è la sensazione diffusa che domani sarà peggio di oggi e che ognuno si salverà da solo, niente di collettivo, niente di comune, solo destini individuali. Quindi… perché no? C’è uno sfarinamento di alcuni pilastri etici e morali, le tentazioni diventano occasioni, le scorciatoie diventano lecite… La Grechi vuole una vita nuova, molti altri semplicemente vogliono cavarsela, galleggiare, non affondare, qualcuno si fa male. Secondo Carlo sono “i cari vecchi tempi di merda, solo un po’ più cattivi”, e sì, sono d’accordo con lui. Ma ognuno assiste a questi tempi nuovi, e vi partecipa, dalla sua posizione e dal suo punto di vista. Sono tempi cattivi, figli di troppe diseguaglianze, e ognuno rimedia come può, non è edificante, ma si può fargliene una colpa?… la trama del libro, la storia gialla, riguarda anche questo.

  

D. Luoghi e tempi di scrittura. Mi svela qualcosa?

 

R. Scrivo soprattutto d’estate, possibilmente all’aperto e sono piuttosto regolare, tre o quattro ore al giorno, senza distrazioni. Rileggo moltissimo, butto, riscrivo, seguo la storia che ho in testa, posso complicarla un po’, o aggiungere dettagli, seguo più fili aspettando il momento in cui si intrecceranno. Quando apro il file e scrivo le prime parole vuol dire che ci ho già lavorato molto sull’intreccio e sui personaggi, e sono pronto, metodico, ma non maniaco. In generale è una cosa molto divertente, è un vero spazio di libertà. Quello che “oggi scrivo” è un bel giorno.

 

D. Fuggevole comparsa nel romanzo di Balla, Pollock, Fangio, John Ford, Shakespeare, Henry Ford, Tex Willer e Sam Shepard. Oltre alla scrittura e all’ascolto di Dylan quale altra forma d’arte la intriga?

 

R. Detta così è una domanda che fa paura, eh! Direi che conta più la curiosità e la capacità di innamorarsi. Il giovane Rossini screanzato, ma anche il vecchio Rossini ironico della Pétite messe solennelle, una fulminazione che mi ha fatto esplorare territori dove credevo di non arrivare mai. I libri, ovvio, anche quelli a periodi… i russi, i francesi dell’Ottocento, Zòla, ma poi, magari, per qualche settimana, il jazz etiope, o i poeti russi… invaghimenti, diciamo. Apri una porta, che so, leggi Dovlatov, e poi ti muovi lì dentro per un po’, annusi, cerchi, fai dei collegamenti. L’hard boyled americano degli anni cinquanta e sessanta, altra porta, altri ambienti. Meno cinema, meno serie, mi rendo conto che è un limite, però… insomma, innamorarsi spesso di qualcosa e corrergli dietro è il mio modo.

 

D. C’è un po’ di Alessandro Robecchi nei suoi personaggi?

 

R. C’è qualcosa di chi scrive sempre in qualunque cosa scriva, dalla lista della spesa in su, quindi non posso negare. Ma cosa, e quanto, e in quale personaggio non lo saprei dire. Probabilmente con il Monterossi non andrei troppo d’accordo, però mi piacciono alcune cose sue, mi è simpatico. Così del Ghezzi, e poi ci sono le angolazioni, i modi di vedere le cose e di dirle, direi che è mia ogni virgola, ma non sono io… boh, è complicato, li ho inventati io, qualcosa di mio c’è di sicuro, ma ormai i personaggi sono loro, e dicono la loro, che io magari non direi…

 

D. Strategia dell’opossum, probabilità contro incognita, la geometria della luce sono argomenti intriganti e celano una storia. Mi racconta qualche cosa di più?

  

R. Ahahah! La strategia dell’opossum... fingersi morti, aspettare che l’orso cerchi qualcos’altro da mangiare, lasciar passare le cose… può essere una strategia di vita…  Quanto alle probabilità contro le incognite, non lo facciamo tutti? Non cerchiamo di risolvere con quest’equazione assurda ad ogni nostra decisione? E la geometria della luce, sì, ci tengo, gli angoli, i tagli, ogni scena, ogni pagina ha una sua luce, mi piace sapere quel che c’è intorno, se suona qualcosa, come si illumina, mi serve per precisare il tiro, per dare la scena, non solo quello che ci si muove dentro.

 

D. Gloria e Alberto sono sposati da più o meno dieci anni e sono legati da un sentimento e da una complicità senza cedimenti né paure. Esistono anche nella realtà?

 

R. Un amore incondizionato? Una cosa indistruttibile? Molto ottocentesco, sì, Carlo è affascinato ma non ci crede… era così anche il Follia maggiore, nella storia tra il Serrani e Giulia… Non lo so, forse in questo con Monterossi ci assomigliamo un po’, sappiamo tutti e due che è bello pensare ad amori così indissolubili, ma anche che sono letteratura, che nella vita vera i “mai” e i “per sempre” vanno usati poco e con enorme prudenza… La Grechi lo prende anche in giro, per questo suo scetticismo, lui le invidia quell’amore incrollabile, ma sa che la realtà è un’altra cosa.

 

D. Progetti per il futuro?

 

R. Al momento non so. Uscirà un’antologia Sellerio, quest’estate, con un mio racconto, ispirato a un capolavoro di Hans Fallada, Ognuno muore solo. E’ una strana investigazione di Carlo e Oscar. Ora aspetto un’altra storia, arriverà, non c’è fretta, non la cerco, se è buona mi trova lei.

 

Ringrazio l'autore Alessandro Robecchi per avere risposto alle domande.